DEMOLIAMO LUOGHI COMUNI

giovedì 26 marzo 2015

Il troglodita Poletti, e il lavoro che rende liberi

Giuliano Poletti, giò sodale di Salvatore Buzzi, ha individuato il problema dell'economia italiana: non il malaffare delle imprese tangentare, ovviamente, ma le vacanze estive troppo lunghe.
Persone di un certo acume gli hanno immediatamente dato del troglodita, facendo notare come una simile proposta, in un paese caratterizzato da una straordinaria disoccupazione giovanile, suoni semplicemente offensiva, con la raccomandazione, però, di non prenderla sul serio; se dovessimo farlo, aggiunge Cacciari, dovremmo giudicare una mossa del genere come reazionaria.
Io suggerirei di prenderla sul serio.
Le parole di Poletti sono al contempo una linea di indicazione operativa, e un segno dei tempi. Cominciamo dal secondo elemento. È ormai egemone una narrazione nella quale l'Italia può riscattarsi se tutti lavoriamo più a lungo e più duramente; il che significherebbe, peraltro, che fino ad ora i lavoratori italiani si sono impegnati meno degli altri. Cosa naturalmente falsa, come mostra questa tabella:


Il problema dell'economia italiana è di produttività dell'ora lavorata, non dellla quantità di ore. La qualità dell'ora di lavoro tuttavia non dipende dal lavoratore, ma dall'imprenditore: essa dipende infatti dal volume e dall'efficacia degli investimenti.
La retorica del "lavoro duro" serve a nascondere le colpe della classe imprenditoriale italiana, spostando le responsabilità della situazione in cui siamo sulle spalle dei lavoratori scansafatiche. È questo, peraltro, il senso profondo dell'abolizione dell'art. 18. Tutto ciò ben si attaglia alla masnada renziana, composta da soggetti di successo, orgogliosi del proprio successo, e soprattutto provenienti da famiglie in cui il papà aveva avuto, ai suoi tempi, successo:


La retorica del "lavoro duro", tuttavia, va oltre la piccola politica italiana. In un mondo in cui si potrebbe, e sarebbe persino doveroso, lavorare molto meno e molto meglio, il messaggio che viene veicolato dal mainstream è che chi non lavora, o lavora poco, non vale nulla.
In questo senso chi è nato per lavorare, tipo i figli degli operai, non dovrebbe perdere tempo in cose come l'istruzione, ad esempio, ma dedicarsi integralmente alla propria vocazione ereditaria. Arriviamo così all'indicazione operativa contenuta nelle parole di Poletti: gli stage estivi.
Naturalmente, gli stage estivi non sarebbero retribuiti e non coinvolgerebbero gli studenti delle scuole "superiori", tipo Liceo Classico e Scientifico. Ecco apparire, sullo sfondo, l'idea di scuola di Poletti: costringere i ragazzi degli istituti tecnici a lavorare gratis.
Del resto,nel mondo in cui lavorare è il primo dovere dell'uomo, altrimenti non si è uomini, chi ti dà un impiego ti fa un favore. È il mondo del lavoro gratuito.
Occorre fermare questa banda di pazzi, al più presto.