DEMOLIAMO LUOGHI COMUNI

lunedì 13 luglio 2015

La loro lotta, la nostra sconfitta

Ho aspettato alcuni mesi prima di intervenire nuovamente su ciò che sta accadendo in Grecia. Non volevo fare commenti parziali sulle varie fasi del negoziato, ma aspettare che esso raggiungesse un esito e dare un giudizio complessivo. Il giudizio è che i greci hanno lottato, e noi abbiamo perso.

Questo è il testo dell'accordo sottoscritto da Tsipras la mattina dell'11 luglio. Consiglio di rileggerlo più volte: ogni volta è più orribile. E' un accordo indecente, ed è tale perché contiene una serie di misure che il negoziatore tedesco aveva elaborato in modo da renderle inaccettabili alla parte greca, in modo da provocarne il rifiuto. Non si spiegherebbe altrimenti il senso del demenziale diktat relativo ai tre giorni per fare le riforme (compresa la riscrittura del Codice di Procedura Civile!!!), e nemmeno quello del conferimento di beni pubblici in un trust da collocare in Lussemburgo, gestito da autorità tedesche. Nel testo originario elaborato da Schauble, queste misure erano proposte in alternativa all'uscita dall'euro della Grecia: non è un mistero per nessuno che quest'ultima opzione era quella preferita da Berlino e dai suoi satelliti (dai baltici all'Olanda). Il risultato è un accordo vergognoso, che io non avrei dubbi a respingere, se fossi un parlamentare greco. 
Non possiamo prevedere se il parlamento approverà tale piano. Sappiamo però che già ora si sprecano i commenti, se non gli insulti, a Tsipras: egli sarebbe il responsabile di un tradimento nei confronti dei greci, in particolare di quelli che hanno votato No allo storico referendum del 5 luglio.
Dovremmo però chiederci perché Tsipras ha accettato le richieste dei creditori, le quali (lo ribadiamo) erano così draconiane e assurde proprio per suscitare il suo rifiuto. 
La risposta non può essere trovata da chi si ostina a utilizzare lo schema interpretativo tipico dei movimenti anti-euro, che si è dimostrato del tutto inadeguato a dare conto della complessa realtà della crisi. 
Lo schema prevede due attori principali: il popolo prigioniero dell'euro, e l'élite che lo tiene incatenato. A livello internazionale la Grecia rappresenta il popolo, la Germania l'élite. Nello schema la prima dovrebbe tentare di liberarsi dalle catene europee, mentre la seconda dovrebbe cercare di ostacolarla, cercando di soffocare la volontà democratica: ecco perché nello schema è indispensabile che ci sia un qualche politico greco che tradisce il suo popolo, magari prezzolato dal tedesco. 
La realtà presenta un quadro esattamente opposto. Nessun popolo europeo è così disperatamente attaccato all'euro come quello greco; nessun popolo, e soprattutto nessun governo, è meno affezionato all'euro di quello tedesco. 
Ciò spiega lo scarsissimo potere negoziale a disposizione del governo greco: se avesse minacciato l'uscita dall'euro non avrebbe avuto alcun effetto sulla controparte tedesca, la quale avrebbe semplicemente colto l'occasione di addossare ai greci tutta la responsabilità del "Grexit"; d'altro canto se avesse semplicemente cominciato il percorso verso l'uscita avrebbe scatenaro l'ira dei cittadini greci. Ecco perché Tsipras (e in precedenza Varoufakis) hanno dato l'impressione, più di una volta, di "cedere" di fronte alle richieste delle controparti: perché non avevano un'alternativa oggettivamente percorribile. Discettare sulla buona o cattiva fede soggettiva di Tsipras è perfettamente inutile. 
A questo punto occorre chiedersi perché i greci siano così affezionati all'euro. Gli anti-euro hanno una risposta facile, valida per tutte le circostanze: sono i media che li obnubilano. I greci sarebbero dei decerebrati, facile preda della propaganda eurista. 
Questo argomento non ha alcuna credibilità. E' noto che quasi tutti i media greci, e in particolar modo le TV private, hanno fatto campagna per il Sì in occasione del referendum del 5 luglio. Questo comportamento, a detta di molti osservatori, ha avuto un effetto controproducente: la gente, non fidandosi dei media, ha seguito una condotta contraria alle loro direttive. I risultati si sono visti: 61% per il No. 
E' assai più probabile che i greci, nella loro intelligenza, percepiscano un altro elemento, ben illustrato qui. La Grecia è da generazioni strutturalmente dipendente dall'afflusso di capitali esteri, necessari per colmare il suo intramontabile deficit di partite correnti. Nei primi anni dell'euro tale afflusso è stato copioso; poi si è interrotto nel 2008, a seguito della crisi di Wall Street. Da allora ha sopperito il meccanismo di rifinanziamento automatico Target2. Se la Grecia uscisse dall'euro dovrebbe fare a meno di tale meccanismo; non potrebbe contare sul sostegno del FMI, dato che l'uscita coinciderebbe con un default nei confronti di tale istituto. In poche parole, la Grecia si troverebbe, nel giro di poche settimane, a dover raggiungere un risultato mai toccato negli ultimi decenni: l'avanzo di partite correnti. Dato che l'economia greca non è votata all'esportazione, e dunque i benefici della svalutazione della neo-dracma sarebbero minimi, ciò non potrebbe che essere conseguito tagliando la domanda di beni esteri: in sostanza, con un'austerità maggiore dell'attuale. Tutto questo senza contare i costi dell'adozione della nuova moneta e il rischio di perdere i finanziamenti europei (che valgono quasi il 15% del pil greco).  
 
I greci si trovano in una padella, i tedeschi vorrebbero gettarli nella brace. Non è così sorprendente che Tsipras non abbia gettato spontaneamente il proprio paese nella brace. 

Si può pertanto concludere che i greci hanno fatto tutto il possibile, a partire dalle elezioni di gennaio, per migliorare la loro condizione. Hanno combattuto con ogni mezzo a loro disposizione, utilizzando fino in fondo la sovranità che gli rimane*. Non è corretto affermare che non hanno raggiunto alcun risultato: hanno costretto Merkel e Schauble a gettare la maschera europeista. Hanno mostrato fino a che punto i ceti politici degli stati europei disprezzino la democrazia. Hanno dimostrato come nell'Unione Europea viga la legge del più forte, come l'estorsione sia considerata un mezzo ordinario di gestione dei rapporti tra nazioni. Questi fatti ieri erano condivisi da nicchie; oggi sono patrimonio dell'opinione pubblica mondiale. Un risultato non da poco. 

La storia di questi cinque mesi sarà ricordata come il momento in cui il popolo più debole e ricattabile dell'eurozona tentò di piegare le leggi dell'euro, considerate fino ad allora immodificabili; e di come il paese egemone, la Germania, circondata da un codazzo di alleati e dall'ignavia di chi avrebbe potuto tenerle testa, dovette impiegare tutto la propria potenza economica e diplomatica per schiacciarlo. 
I veri sconfitti non sono i greci. I veri sconfitti siamo noi, che non abbiamo saputo fare niente per aiutarli. Che non abbiamo saputo fare pressione sui nostri governi, mentre criticavamo ogni manchevolezza del loro. Che non ci siamo ancora resi conto che ogni torto fatto ai greci verrà, prima o dopo, fatto anche a noi. 




 *Chi ritiene che non ne disponessero farà bene a rileggere il testo dell'accordo. Quella è davvero una perdita conclamata di sovranità.