DEMOLIAMO LUOGHI COMUNI

martedì 21 luglio 2015

Cos'è che davvero manca all'Europa

A lungo è stato sostenuto che ciò che mancava nell'eurozona fosse un prestatore di ultima istanza. Altri lamentano l'assenza di un autentico bilancio federale, o quantomeno di un coordinamento tra politica fiscale e monetaria. In molti sottolineano il deficit democratico delle istituzioni europee, alcuni denunciano l'assenza di un popolo europeo. Ma ciò che davvero manca all'Europa di oggi è tutt'altra cosa. 
L'UE, che si presenta come un'unione di stati, è in realtà un'arena di stati. Nello scontro le varie parti fanno appello a  regole e principi variamente individuate. Abbiamo tutti sentito dire:

1) che un taglio o una ristrutturazione del debito sono vietate dai Trattati UE.
2) che è possibile la sospensione temporanea di uno stato membro dall'eurozona.
3) che non è giuridicamente possibile l'uscita di uno stato membro dalla sola eurozona.
4) che non è possibile costringere uno stato membro a lasciare l'eurozona.
5) che se la BCE avesse aumentanto la dose di liquidità straordinaria alle banche greche avrebbe violato il proprio statuto.
6) che se NON lo avesse fatto avrebbe violato i Trattati.
7) che la Germania avrebbe dovuto saldare i propri debiti di guerra.
8) che tali debiti erano stati condonati in occasione della riunificazione tedesca. 
ecc ecc ecc...

E questo elenchino riassume solo una parte delle questioni sollevate dalla crisi debitoria degli stati dell'eurozona. Il Fiscal Compact è compatibile col resto dei Trattati UE? Le riforme imposte dalla Troika sono compatibili coi diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione? Ed è vero che la BCE ha come unico scopo mantenere la stabilità dei prezzi, e non anche promuovere crescita e occupazione? 
Nell'attuale situazione, ogni stato porta avanti la sua propria soluzione a queste questioni. Date certe fonti normative (i Trattati, i principi di diritto internazionale, le singole Costituzioni), ognuno fabbrica l'interpretazione che più gli conviene. Questa è una situazione di assenza di diritto. Se i contendenti sono lasciati liberi di decidere chi tra loro ha ragione, deciderà la forza. Quando i contendenti sono stati, deciderà lo stato più forte. E' pertanto logico che la Germania abbia potuto schiacciare la Grecia, imponendo la sua interpretazione, aiutata dagli altri stati dell'Unione in virtà dell'effetto band-wagoning. E così il tentativo di Tsipras, che doveva suonare la tromba della ribellione europea, si è concluso in una specie di stupro di gruppo. 
Ora, quella della forza è sempre stata la regola dei rapporti tra stati. Il diritto internazionale ha sempre funto da travestimento di tale realtà. Quella internazionale non è mai stata davvero una comunità di diritto. Ed è questo il vulnus principale dell'UE: non aver introdotto alcun elemento di vera novità in tale scenario. Vince il più forte, come sempre. Perché il più debole abbia delle chanches, serve il diritto.
Ma come si trasforma una comunità (di stati come di individui) in una comunità retta dal diritto? 
Le migliori menti del '900 hanno già fornito una risposta a questa domanda. 
Hans Kelsen, nel suo Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale (1920) ha spiegato come meglio non si poteva che l'unico strumento di costruire una pacifica convivenza tra stati, eliminando dalla scena il sopruso e la prepotenza di quelli più forti, non sta nella costruzione di un unico immenso stato federale, bensì nell'istituzione di un'unica Corte di Giustizia. Un giudice, insomma, che in piena indipendenza sia deputato a dirimere i contrasti tra stati, distribuendo torti e ragioni e affermando il diritto. 
Kelsen, in una ricostruzione che non risparmia riferimenti all'antropologia, dimostra come nelle comunità umane è sempre la giurisdizione a precedere la legislazione. Prima si istituisce il giudice, e solo dopo si pensa a elaborare un testo normativo che ne vincoli la giurisprudenza. Questo perché la presenza di un soggetto terzo che stabilisca chi ha ragione tra i contendenti è la condizione minima e irrinunciabile del diritto. Il giudice può decidere (e storicamente ha deciso) secondo la consuetudine, le credenze, i principi etici. La legge invece senza un giudice è muta, come se non esistesse. Non è diritto ma parodia del diritto. 
Nella sua lezione Kelsen prevedeva il fallimento di un'istituzione quale la Società delle Nazioni, e proponeva al suo posto l'istituzione di una Corte Internazionale, che avrebbe giudicato non in base a leggi o trattati, ma fondandosi sulle consuetudini e i principi del diritto internazionale, dei quali il più importante è quello dell'eguaglianza tra gli stati, del loro eguale diritto a prescindere dalla forza loro disponibile. 
Ad un organo del genere dovrebbero essere poste le questioni presentante nella prima parte di questo post, ed alle sue decisione ci si dovrebbe rimettere. 
La costruzione europea abbonda di leggi ma non ha un giudice che le faccia vivere. Che nessuno si azzardi a tirare in ballo la Corte di Giustizia dell'Unione Europea (Lussemburgo) o la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Strasburgo). Istituzioni che non hanno avuto, e non avrebbero potuto avere, il minimo ruolo nel conflitto tra la Grecia e i suoi creditori-aguzzini.Questi Corti, peraltro, potrebbero fungere, nel breve termine, da surrogato del giudice di cui stiamo parlando: basterebbe che gli stati di comune accordo demandassero loro la soluzione delle questioni suesposte.
Ecco una battaglia che le forze democratiche ed europeiste potrebbero combattere. Invece di perseguire autentiche bufale come gli Stati Uniti d'Europa, propongano di rendere quella europea una comunità di diritto, di giuridicizzare i rapporti tra gli stati, invece di lasciarsi in balia dei rapporti di forza.
Naturalmente una simile proposta non sarebbe ben vista dagli attuali decisori politici degli stati forti dell'UE, che vogliono mantenere i loro privilegi. Sarebbe però interessante scoprire quali argomenti si potrebbero inventare contro una proposta simile, che è capace di suscitare consensi unanimi per la sua evidente civiltà e ragionevolezza.
Se l'UE non farà questo passo, e dunque non si distinguerà nettamente dal mondo che esiste al di fuori di essa, un mondo retto dalla legge del più forte, non è lontano il tempo in cui alla sua superfluità sostanziale si accompagnerà l'abrogazione formale.